Simone è un bambino nello spettro autistico, ed è il fratello della regista nato dal secondo matrimonio del padre. Questo film famigliare non è solo il ritratto di Simone ma piuttosto, a partire da lui, prova a raccontare la ricerca di relazioni e di prospettive condivise, di un posto dove stare in rapporti che hanno bisogno continuamente di reinventarsi e che coinvolgono tutti. Emma, la regista, e suo fratello Pepi insieme a questa famiglia condividono per lo più dei momenti “eccezionali” di gite, vacanze, viaggi: ma cosa rimane nella quotidianità? E che significa per i due genitori l’organizzazione del tempo di ogni giorno nella cura di un figlio autistico? Per un anno la regista li ha filmati, mettendosi lei stessa in campo alla ricerca delle sue risposte. Simone nel suo silenzio e in un agire che non ha riferimenti immediati, nei suoi sguardi in macchina che sembrano giocare con l’obiettivo o anche non curarsene, diviene il centro del film moltiplicandone la scommessa e le possibili piste emozionali nel corso di un anno. L’inverno sulla neve coi guanti che il piccolo non ama indossare e che bagna subito perché si tuffa nel manto bianco; la scoperta dell’Irlanda, anche coi nonni, le passeggiate nel bosco, gli interni dell’appartamento di Simone con la mamma che gli legge una favola, i giochi insieme al papà e con la stessa Emma, l’estate del caldo, le sue traiettorie che disegnano quasi piccole danze improvvisate. Le domande, le paure, le incertezze sul futuro e sul presente dei due adulti, gli attimi di gioia: ogni frammento restituisce questo costante allenamento alla vita in cui ciascuno dei protagonisti sperimenta un equilibrio possibile. E fuori dalla retorica che troppo spesso accompagna la rappresentazione della neurodiversità prova a restituirne il senso in un’esperienza reale, in una narrazione tra i bordi di forza e fragilità. (Cristina Piccino)